Alone intorno all’arte di Pomodoro
di Eleonora Fiorani
Perché un arco di Pomodoro nel parco idrotermale e artistico del Negombo? E ancora, come si col loca nell’opera di Arnaldo Pomodoro questa nuova scultura, che esplora forme inedite e materiali mai prima trattati, anche se entrambi antichissimi, da parte di Pomodoro che, di solito, nella sua opera sceglie di corrodere le forme geometriche piene e predilige i metalli della solarità?
Innanzitutto "Larco-in-cielo", di 10 metri di base e 5 metri in altezza, è costituito da 31 formelle per ciascuno dei due filari, disposte da sinistra a destra, in senso orario. Sono 31 momenti diversi di una narrazione, di un percorso temporale, 31 eventi in cui la fittezza dei segni e la loro esplosione è inframmezzata da pause, da rotture, da riflessioni e da momenti di quiete.
Un cuneo-freccia apre la narrazione-percorso; due frecce incrociate con la punta verso l'interno la chiudono. È un percorso-tempo che si raccoglie su se stesso e può essere letto nei suoi due sensi o anche in senso inverso da chi attraversa l’arco-soglia. A dire la condizione umana attuale che è appunto quella di abitare la soglia. Così colui che passa o sosta trova scritta, sull’arco come sulle sue colonne, in una lingua sconosciuta, la sua vicenda umana e quella degli altri e si riconosce in tutto ciò.
Un arco e per di più di ceramica innova l'idea della porta, presentando i tanti valori in essa originariamente presenti: infatti, acquistando autonomia e assolutezza, ne amplia e dilata i sensi: la porta non è più solo portale e apertura, non è un vuoto rispetto a un pieno, ma è soglia, che è transito, passaggio e insieme sosta, o anche è linea di unione e insieme di separazione fra le cose.
Soglia è un concetto assai più problematico e ambiguo. La soglia è linea di confine, che certo ha per so per noi i caratteri sacrali originari, ma non la sua potenza simbolica e la sua duplicità. Gli antichi, nostri padri, esprimevano la magica atmosfera della soglia con la figura di Giano.
E Giano è la potenza dai due volti, che ha due chiavi, una d'oro e una d'argento, e ha un terzo misterioso volto nascosto che corrisponde all’occhio di Shiva, al terzo occhio, quello della mente. I due volti di Giano erano il simbolo delle due porte solstiziali e delle due fasi del ciclo annuale del sole, ascendente e discendente. Per questo anche Giano era il protettore degli architetti e di tutti coloro che costruivano perché ogni costruzione risponde all'ordine universale della struttura cosmica.
È utile allora ricordare che gli archi sono derivati dagli lani, gli ingressi posti innanzi alle principali porte della città.
Qui al Negombo, l’arco-soglia di Pomodoro si dispone all'inizio delle balze, alla fine della gradinata che immette alla parte alta del “giardino delle acque”, quella che corre lungo la montagna. È dunque situato trasversalmente e perpendicolarmente al percorso del sole, ne enfatizza la nascita e il tramonto o, se si vuole, enigmaticamente li guarda, mentre il sole lo investe in pieno al suo culmine. La scrittura criptica e misteriosa dell’arco, fatta di spigoli, di linee spezzate, di punte , di triangoli e di cunei si dispiega e muta di continuo con il percorso del sole, con la sua stessa lentezza. Il gioco del le ombre e delle luci esalta questi tratti-forme che costituiscono l'arco e che trasbordano e intrigano la regolarità delle formelle e della stessa curva arcuata.
L’arco del Negombo è una seconda versione, o meglio una “variante” come Pomodoro è solito fare nelle sue inesauste esplorazioni delle forme – dell’arco ideato per Castellamonte come nuova scultura nel paesaggio. “L’arco-in-cielo”,che è giustamente collocabile nell'uno o nell'altro luogo con valori simili e insieme diversi, per una precisa valutazione dell'artista, ha qui a Ischia e nella baia di San Montano un suo luogo ideale. Si è già detto che Ischia è stata una delle prime colonie Greche del mediterraneo occidentale, e vide gli splendori della cultura greca e fenicia e romana e fu Pithekoussai prima di essere, a est, Aenaria e poi De insulis. Fu luogo delle ceramiche e dei metalli e luogo delle acque medicamentose. Nella sua storia e nella sua cultura, arte della ceramica e arte dei metalli si sono intrecciate fin dai tempi della preistoria.
Forse ciò che ha affascinato Pomodoro e lo ha convinto ad accettare la sfida, che sempre una mate ria mai prima usata costituisce, è anche il fatto che la ceramica è arte antica, apparentata col fuoco, o meglio che viene dal fuoco civilizzatore e appartiene, insieme all’arte dei metalli, a quanto di più apotropaico c’è nell'uomo, al suo essere “faber”. Entrambe le arti partecipano della sacralità del fuoco. Ora il colore verde dell'arco è stato ottenuto con uno speciale trattamento dell’argilla che rimanda al rame. E l’intelaiatura di cemento e di ferro sostiene il peso dell’argilla.
Ma la parentela con la complessiva opera di Pomodoro non viene tanto da questi rimandi al metallo, ma piuttosto, e più profondamente, dalla tecnica inventiva dell'artista che da sempre manipola la terra o l'osso di seppia e lavora per stampi e modelli. E viene dallo straordinario e sempre più stretto nesso nella sua opera tra scultura e scenografia teatrale, che fa saltare i confini tra le due attività che trasbordano l’una nell’altra. E ciò anche muove la continua sperimentazione da parte dell'artista di nuovi materiali e la ricerca di nuove forme.
La parola scenografia è costituita da skènè e graphia (scena e scrittura) e rimanda direttamente al gesto che istituisce l'evento della creazione di un ambiente. E nell'arco appunto Arnaldo trasferisce i segni calligrafici su un'architettura che si armonizza al paesaggio, alla sua storia, e ne interpreta lo spirito del luogo, sia quello antico scritto nelle rocce, nella vegetazione, sia quello presente nel giardino delle acque che il paesaggista Ermanno Casasco ha costruito.
L’arco inoltre con le sue 31 formelle esplicita un forte riferimento al tempo. Tempo e spazio da sempre si intrecciano in modo indistinguibile nell’arte di Pomodoro, quale elemento peculiare della sua invenzione e del suo stile. In Pomodoro la pienezza spaziale, nella successione dei pieni e dei vuoti, è sempre corrosa e scavata dalla temporalità. E chiede il suo complemento nello spazio naturale.
La stessa collocazione dell’arco al Negombo voluta da Pomodoro, attraverso il percorso del sole, enfatizza questa valenza temporale. E Giano, essendo il dio dell'organizzazione dello spazio, della soglia e dei passaggi, è anche dio regolatore del tempo, come è già apparso nel riferimento solare, an zi Giano conferma e istituisce i nessi tra spazio e tempo. Guardiano della diacronia, si estende a ogni inizio del tempo: al mattino allorché apre le porte del cielo alla penetrazione del sole, all'inizio del mese, all’alba del nuovo anno.
Con questa collocazione siamo di fronte a una ambientazione particolarmente riuscita anche per al tre ragioni. L’arco di Pomodoro oltre che soglia, è sole nascente e/o tramontante, o arcobaleno che attraversa cielo e si inserisce con la propria scrittura e voce dialogante nel giardino delle acque. Vi risuona all’interno aggiungendo i suoi messaggi indecifrati a quelli profondi delle piante e delle acque e vi esplicita i suoi valori cosmici e solari. Un disco-sole fuoriesce dalla curva dell'arco e rammemora a suo modo i monumenti astrali, quali sono il circolo magico di Stonehenge, con la sua successione di porte di ingresso del sole e della luna, o il Sese Grande di Pantelleria. Il sole, luce dell’universo, è occhio e sguardo, è apertura al mondo. È anche germe sferico del cielo, della terra e delle acque, è il sole del firmamento e il loto delle acque.
In esso si materializza la vitalità di tutte le cose. Così l’arco unisce il proprio colore e la propria forma ai mille colori e forme del giardino e con essi respira.
Un’ultima osservazione. L'invenzione di Pomodoro, il suo segno scritturale arcano, non devono far dimenticare il carattere carnale e materico delle sue opere, la loro terrestrità profonda, visibile nei buchi, scavi e fessure dei metalli solari che predilige, o qui, nella lucentezza compatta della ceramica. E tale terrestrità sensuosa e dionisiaca quella che più profondamente collega l’arco al giardino e al paesaggio, aggiungendo loro un’ eccedenza di senso, quella del gesto e dell’evento creativo umano, col proprio occhio visionario.