21 giugno 1943-Quel bombardiere ammarato a largo della baia di San Montano

21 giugno 1943-Quel bombardiere ammarato a largo della baia di San Montano

Il racconto esclusivo di una pagina di storia inedita: quella del B-17 che potrebbe essere ancora adagiato a largo della baia di San Montano

Il racconto dello storico Claudio Mischi: le ore più drammatiche prima del silenzio

(testo raccolto da Pasquale Raicaldo)

Boeing B-29 WWII Bomber in Flight
Photo by Random Thinking / Unsplash

Una nuova pagina di storia ischitana è venuta alla luce, questo grazie al ricercatore storico aeronautico Claudio Mischi, autore di diversi articoli, in particolare su ritrovamenti di aerei abbattuti durante la seconda guerra mondiale.

Mischi si è interessato alla vicenda del quadrimotore statunitense che si è inabissato a poca distanza dalla costa a nord di Ischia, sviscerando in ogni parte i fatti accaduti quel lontano 21 giugno 1943 dopo un attento studio del MACR, Missing Air Crew Report, documento redatto il giorno dopo la perdita dell'aereo attraverso testimonianze di aviatori di altri aerei ed in seguito aggiornato dagli aviatori superstiti dell'aereo abbattuto quando vennero liberati dalla prigionia.

Questo quanto accadde quel giorno, dalla ricostruzione del ricercatore storico Claudio Mischi.

La mattina del 21 giugno 1943 una formazione di bombardieri B-17 del 2° Bomb Group, 429° Bomb Squadron decolla dalla base algerina di Ain M'Lila l'obiettivo quel giorno era lo scalo ferroviario di Napoli. Già durante la notte precedente Napoli era stata bombardata da aerei Wellington inglesi: adesso toccava allo scalo ferroviario che era un elemento importante della rete ferroviaria italiana.

Era situato a poche centinaia di metri dalla riva della baia di Napoli nel bel mezzo di un grande complesso industriale.

Si trattava quindi di un obiettivo di grande importanza, centro nevralgico della città. La squadriglia di quadrimotori giunta su Capri inizia la corsa di bombardamento in direzione di Napoli.

Nel frattempo, avvisati dell'avvicinarsi su Napoli dei bombardieri, vengono allertati gli artiglieri della contraerea e vengono fatti decollare alcuni caccia della Regia Aeronautica del 22° Gruppo dall'aeroporto di Napoli-Capodichino cui era stata affidata la difesa aerea del cielo di Napoli, si levano in volo anche aerei tedeschi della Luftwaffe dello JG 3.

Giunti su Napoli i bombardieri vengono accolti da un pesante ed intenso fuoco contraereo, il tiro degli artiglieri era molto accurato.

Vennero colpiti da contraerea in modo più o meno grave 8 bombardieri, tra i quali l'aereo del Capitano Jack L. Bentley, Comandante del 429th Squa-dron, Bentkey era lo Squadron Leader e volava con l'aereo n.42-29605, "Honey Bun", un colpo di contraerea esploso molto u vicino all'aereo aveva colpito e danneggiato 2 motori ed ucciso sul colpo il copilota, John D. Williams Jr.

Dopo aver sganciato le bombe Bentley lasciò rapidamente l'area dell'obiettivo facendo una larga virata a sinistra riprendendo la rotta di ritorno per l'Algeria.

L'aereo di Bentley aveva iniziato a perdere rapidamente quota lasciandosi dietro una scia di fumo nero e di carburante che veniva dai motori N° 3 e 4 e vapore bianco che usciva da un punto tra di essi. Tutte e quattro le eliche giravano e l'aereo era comunque sotto controllo.

B-52
Photo by Steve Harvey / Unsplash

Una volta separato dalla formazione, l'aereo venne attaccato da alcuni caccia del 22° Gruppo della Regia aeronau-tica, ai cui comandi c'erano piloti italiani. L'attacco dei caccia si rivelò molto efficace, una pioggia di proiettili si riversò sul quadrimotore, ferendo alcuni uomini dell'equipaggio: uno dei caccia aveva sparato una lunga raffica di una quindicina di secondi da un angolo cieco dietro al bombardiere, provocando ulteriori gravi danni all'aereo statunitense.

Il Cap. Roderic D. O' Connor, che era al comando della sezione dietro a quella di Bentley, aveva guidato gli aerei della sua sezione ad una quota più bassa in modo da dare copertura all'aereo in difficoltà e i mitraglieri avevano costretto i caccia italiani ad allontanarsi.

O Connor si era avvicinato fino a pochissima distanza dall'aereo colpito.

Il sedile del copilota sembrava vuoto e aveva pensato che questi si fosse spostato nella torretta superiore, mentre in realtà l'aviatore era morto e chinato in avanti, quindi non visibile. Altri membri del suo equipaggio hanno riferito che non c'era nessuno alle mitragliatrici laterali e nella torretta di coda.

O' Connor si era portato alla sinistra dell'aereo di Bentley e aveva notato che c'era un foro di una sessantina di centimetri di diametro nel timone di profondità sinistro.

Bentley, che si trovava sul mare ad una ventina di miglia a Nord di Ischia, resosi contro che l'aereo non era più in grado di rimanere in volo a causa dei danni ricevuti dalla contraerea prima e poi in seguito dai caccia, decise di abbandonare la rotta di. ritorno per la base e dirigere verso Ischia con l'intento di avvicinarsi alla costa ischitana e compiere un ammaraggio di emergenza il più vicino possibile alla terraferma, in modo da poter essere recuperato agevolmente, lui ed il suo equipaggio, quindi aveva segnalato al resto della formazione che aveva deviato dalla rotta prestabilita e stava dirigendo verso Ischia per compiere un ammaraggio.

Il Cap. Caruthers che era al comando del 96th Squadron, con la sua parte di formazione, aveva seguito Bentley durante la discesa ma rimasto ad una quota superiore a quella di O'Connor. Caruthers aveva ipotizzato che il vapore bianco che usciva da dietro l'ala dell'aereo colpito fosse benzina. Entrambe le formazioni avevano continuato insieme sulla rotta di ritorno quando Bentley aveva virato in direzione di Ischia. L'ammaraggio dell'aereo di Bentley non fu quindi visto da nessun altro aereo delle altre formazioni. Dalle dichiarazioni rilasciate da quelli che erano poi evasi dalla detenzione e dai sopravvissuti dopo la liberazione da campi di prigionia si conosce la sorte dell'equipaggio.

L'aereo ammarò e venne abbandonato circa mezzo miglio a nord di Ischia, con un solo uomo già morto, uno in stato di incoscienza, cinque feriti e tre illesi. Il copilota Lt. John D. Williams Jr., era morto subito a causa di un colpo della contraerea ed era affondato insieme all'aereo, dopo l'ammaraggio.

Lo S/Sgt. Walter S. Thompson Jr., T.G., aveva ricevuto una brutta ferita all'avambraccio sinistro e numerose altre ferite. Era stato portato fuori dal velivolo attraverso il portello del vano radio mentre era in stato di shock. Una volta a terra, a Ischia era stato ricoverato in pronto soccorso italiano. Il giorno dopo gli italiani avevano riferito loro che era morto. Secondo quanto riferito, per sentito dire, dai sopravissuti, era stato sepolto in un cimitero di Napoli.

Il Capitano Bentley, il T/Sgt. George F. Immonen, LTG e il T/Sgt. Urgan M. Heinen, ROG, erano rimasti illesi ed erano stati rinchiusi, durante quella prima notte a Ischia, nella cella di una prigione. I restanti cinque membri dell'equipaggio, il Capitano Charles W. Grooms, Nav. ferito alla gamba destra, il 1st Lt. James H. Heaberg, Bomb. ferito alla mano destra, il T/Sgt. Norman C. Moore, UTG, ferito alla coscia sinistra, lo S/Sgt. Harold Marlow. LWG, ferito da schegge di granata e da un proiettile di mitragliatrice, e il sergente Roy D. Musser, RWG, ferito al braccio e alla spalla sinistra, avevano tutti ricevuto un primo soccorso e poi trasferiti all'ospedale per le cure mediche e, successivamente, in un campo di prigionia italiani. Il T/Sgt. Moore era stato ricoverato in un ospedale di Napoli.

Era ancora li quando la città era stata catturata dagli Alleati. Il Sgt Moore è stato da loro trasferito in un ospedale a biserta. Dopo il suo recupero, era tornato al 429th Squadron. Dopo una festicciola in suo onore, il 28 ottobre 1943 era stato esonerato dal servizio attivo e rispedito negli Stati Uniti.

Il 29 agosto il Serg. Musser era stato portato in un campo di Servigliano dove era rimasto fino al 14 settembre, il giorno dopo la capitolazione italiana. Le guardie italiane avevano aperto i portoni della prigione e rilasciato circa 2.000 prigionieri alleati. Tra i rilasciati oltre Musser, c'erano i sergenti. Heinen e Immonen. Dopo essersi uniti ad altri tre aviatori alleati erano riusciti a fuggire in gruppo e a vivere, per alcuni mesi in una grotta sulle colline e, successivamente, con famiglie italiane compiacenti.

In data 11 marzo 1944 i sergenti Heinen e Immonen erano in un piccolo gruppo di evasori che era stato catturato dai tedeschi. Dopo che era successo questo, il sergente. Musser era tornato a nascondersi nelle campagne in modo da non mettere in pericolo i suoi benefattori Italiani. Lui e gli altri evasi avevano continuato a vivere nelle caverne fino alla fine del mese di giugno 1944, quando avevano appreso che le forze alleate erano arrivate a circa 10 miglia di distanza. Gli evasi, ottenuto un camion dagli italiani e con l'aiuto di partigiani italiani si erano messi in viaggio verso la zona controllata dagli Alleati. Il Serg. Musser aveva poi raccontato di non aver mai ricevuto un addestramento su come comportarsi in caso di fuga e di evasione prima di venire in Europa e di non aver avuto attrezzature adatte per una fuga dopo l'ammaraggio. gli altri sei membri dell'equipaggio, a parte i due che erano morti e i sergenti Moore e Messer, avevano trascorso il resto della guerra nei campi di prigionia.

Il Capitano O' Connor, Ufficiale esecutivo dello Squadron, era stato chiamato a succedere a bentley in qualità di comandante del 429th Squadron.

Il drammatico Ammaraggio.

Il Capitano Jack L. Bentley era un pilota di lunga esperienza e, visto il numero di feriti a bordo dell'aereo, decise non per il lancio con il paracadute ma per l'ammaraggio. Ammarare era un'operazione non priva di rischi, atterrare sull'acqua e come atterrare su cemento armato e di questo Bentley ed il suo equipaggio erano ben consapevoli, come erano ben consapevoli che, viste le precedenti esperienze di altri equipaggi e statistiche, nell'ammarare l'aereo, se pur robusto, si sarebbe spezzato in due tronconi, il primo comprendente la cabina di pilotaggio-ali, il secondo fusoliera-coda, quindi l'equipaggio secondo le procedure di ammaraggio previste si stipo dietro i sedili dei due piloti, preparandosi ad uscire velocemente, dopo l'ammaraggio, dai portelli di emergenza posti sopra la cabina di pilotaggio, sopra il vano radio e portelli laterali.

Quindi il Capitano Bentley diresse il proprio aereo in direzione della costa ischitana, tutti i portelli di uscita di emergenza erano già stati aperti, il destino dell'equipaggio era nelle mani del Capitano Bentley, e mentre si avvicinava alla costa, egli scosse un'insenatura con un'ampia spiaggi che faceva a caso loro per l'ammaraggio, quindi diresse in quella direzione, verso la baia di San Montano.

La costa si avvicinava velocemente mentre l'aereo scendeva di quota verso il mare, Bentley tenne sollevato il muso dell'aereo e continuo il volo fino a sfiorare l'acqua, poi quando ritenne che era giusto il momento di ammarare, scese quei pochi metri che dividevano l'aereo dal mare, avvisando l'equipaggio di tenersi forte che andavano giù.

L'impatto con l'acqua fu tremendo, uno schianto pauroso che tranciò l'aereo in due pezzi, la parte subito dietro le ali comprendente fusoliera e coda si staccò mentre la parte anteriore dell'aereo contenete gli aviatori statunitensi continuava la sua corsa ormai senza possibilità di alcun controllo proseguendo ancora per un centinaio di metri, poi l'aereo si fermò e l'acqua si inizio ad entrare velocemente invadendo quanto era rimasto del primo troncone, gli aviatori uscivano dai portelli posti sopra e di lato all'aereo, aiutandosi tra di loro, poi l'aereo, a quanto di esso rimaneva si inabissò portando con se il copilota dell'aereo, Jonh D. Williams che era già morto. Gli stremati componenti dell'equipaggio del B-17 vennero poi recuperati da una nave militare italiana e portati ad Ischia per essere interrogarti e medicati.

Dopo la guerra alcuni sub professionisti individuarono il relitto dell'aereo al largo di circa mezzo miglio dalla baia di San Montano, il primo troncone dell'aereo che comprende cabina di pilotaggio e ali è adagiato su fondo ad una profondità di 90-100 metri, mentre il secondo troncone che comprende fusoliera e coda è più arretrato di un centinaio di metri ad una profondità di circa 110 metri.

Questa è il drammatico racconto del B-17 ammarato a mezzo migli dalla costa ischitana. Oggi lo storico aereonautico Claudio Mischi cercherebbe informazioni e testimonianze da persone di Ischia che all'epoca dei fatti hanno assistito all'ammaraggio dell'aereo ed al recupero degli aviatori statunitensi.

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