L'informalità: l'Happy Hour

L'informalità: l'Happy Hour

Di Anna Largiù.       Relatrice: Prof.ssa Fiorani Eleonora

Dalle 18 alle 21, è il momento atteso dell’Happy Hour: un rito per giovanissimi e non. Figlio dell'antico aperitivo rimasto invariato per decenni, in comune non ha praticamente più nulla. Infatti, non anticipa la cena, ma in un certo senso la sostituisce. È diventato un rito collettivo per studenti, professionisti all'uscita dell'ufficio, personaggi del mondo della moda e dello spettacolo, un momento della giornata dedicato all'aggregazione. Letteralmente significa "ora felice". Termine nato in America negli anni Ottanta che introduce un nuovo concetto: due aperitivi al prezzo di uno. Idea che in Italia viene interpretata e modificata: non più due al prezzo di uno, ma un aperitivo "rafforzato" da una ricca proposta gastronomica.

Via libera quindi alla fantasia con le proposte culinarie: tacos, olive ascolane, crostini, tapas, crocchette, crudité, nachos, miniquiche, vol-au-vent, paste fredde e calde, insalate di riso, torte salate, insalate varie, cous cous, polpette, burger, gamberetti, verdure ... fino a invitanti piatti di frutta mista. E poi la "fusion" di cucine etniche - ispirazioni messicane, indiane, giapponesi, spagnole ecc. Con gli anni è cambiato anche il tipo di cocktail più richiesto. Si è formata una "moda del bere". Se a metà anni Ottanta si bevevano ancora Long Island, Ice Tea, Whisky con ghiaccio, Campari con il bianco, Bloody Mary e pochi altri cocktail, intorno al 1987/1988 si affermarono i cocktails sudamericani, portati alla ribalta dal Tropico Latino che introdusse anche cibi caldi di cucina Tex-Mex all'orario dell'aperitivo, ma a pagamento. Alcuni bar imitarono il Tropico Latino, che stava registrando un successo clamoroso, ma offrirono i piatti caldi senza farli pagare. Si diffusero in meno di un anno in tutta la città i Daiquiri, le Tequila di vario genere, i Margarita e altri cocktail di centro-sud America.

Nei primi anni Novanta diventarono di moda i cocktail a base di Vodka, seguiti pochi anni dopo dall'Americano, e dalla riscoperta del Negroni Sbagliato, inventato al Bar Basso di Milano negli anni Cinquanta e in genere chiamato semplicemente "Sbagliato". Si è diffuso negli ultimi cinque, sei anni circa l'offerta di buoni vini al calice al posto dei cocktail e il fenomeno dello Spritz. Queste mutazioni nei gusti segnano un progressivo declino dell’assunzione di alcool fine a se stessa, a favore invece della degustazione. Con l'arrivo degli anni Novanta, si può dire che in quasi tutti i bar di Milano, anche nelle periferie più estreme, l'aperitivo prevede l'opportunità di mangiare praticamente gratis e di bere a metà prezzo.

Circa a metà degli anni Novanta l’Happy Hour ha subito un’ulteriore evoluzione, e tutti le bevande sono tornate quasi a prezzo pieno, ma sono aumentati ancor di più i piatti di ogni genere. Pochi locali hanno scelto di far pagare anche il cibo, mentre altri, sempre in numero risicato, concedono la possibilità di riempire un piatto di cibo solo una volta per consumazione. Questo anche per dare un limite ai gruppi di giovani che altrimenti hanno la possibilità di cenare gratuitamente in questi locali. La moda dell'aperitivo "alla milanese" è ormai dilagata in tutta Italia già da diversi anni. Viene servito in locali di Roma, di Napoli, in tutto il resto del Sud Italia e Isole. Al Nord è ben diffuso in tutte le città della Lombardia, e anche in molte località sciistiche delle Alpi frequentate anche in questo caso da Milanesi. A Torino, Genova, Verona e  Bologna ci sono diversi locali che offrono un aperitivo vagamente paragonabile a quello di Milano. In Friuli-Venezia Giulia e nella maggior parte del Veneto, si continua invece a seguire il rito dell'aperitivo secondo le tradizioni locali, con ottimi vini e pochi stuzzichini.

La sua fama ha comunque superato anche i confini nazionali, arrivando in Svizzera, Francia, Austria, Slovenia, Croazia e Germania. Restano indiscutibilmente i giovani i più assidui frequentatori dei locali che propongono questa formula, non solo per motivi di ordine economico, ma per l’estrema informalità che caratterizza l’atmosfera nel quale si svolge. Abituati ormai a non dover interloquire necessariamente con un ristoratore, a servirsi da soli secondo l’ispirazione del momento anche per le quantità, l’atteggiamento dominante sembra essere la spontaneità . Nessuno si stupisce quindi se viene offerto un “piatto di gruppo” al quale gli amici seduti allo stesso tavolo attingono senza posate. Ciò che caratterizza Milano come città pluriculturale più di altre, magari più grandi, è l’apertura con cui i suoi abitanti più giovani accolgono proposte inusuali. Qualcosa che non é familiare viene spesso sperimentato senza remore e vissuto come nuova esperienza.

Così il momento dell’Happy Hour diventa un’occasione per scoprire una nuova atmosfera, un nuovo cocktail, un nuovo piatto, un nuovo modo di assumerlo. E si scatena inevitabilmente la ricerca del nuovo locale e delle sue proposte, destreggiandosi in rete e nella moltitudine di pubblicazioni, sempre gratuite. In questo non solo i più giovani sembrano gareggiare nella capacità di proporre una serata “esperienziale” e conseguentemente di successo. In una città eminentemente lavorativa, dai ritmi serrati, che non lascia spazio ai tempi morti, convivono assieme in questo modo l’incontro con gli amici, la cena, il drink, l’esperienza da condividere. Al di là delle critiche negative che lo vorrebbero momento ipocrita e civettuolo, si sta affermando comunque come momento di aggregazione, in tutte le sfumature che può assumere semplicemente in relazione alla personalità di chi lo pratica, come soluzione quando si è costretti a fare economia di denaro e tempo. Costituisce in questo senso tutt’altro che una perdita di qualità dell’atto conviviale, quanto piuttosto una sua naturale evoluzione, in risposta alle necessità imposte dai nuovi stili di vita.


Tutt’altro che legato esclusivamente alle cause di forza maggiore già citate, entra anche nell’intimità delle case. Passeggiando per le vie di Milano si possono scoprire Happy Hour domestici non sempre legati ad occasioni speciali, ma talvolta semplicemente al desiderio di aprire la propria casa ad amici intimi e non, proponendo qualcosa di più informale di una cena con gesti che possono diventare impacciati in presenza di estranei, di più mobile del posto fisso a tavola, di meno impegnativo delle portate da servire. Il mondo del design comincia già a rispondere, creando manufatti pensati proprio per questo nuovo aperitivo a casa.
Che le bevande o i cibi serviti non siano di qualità è solo un luogo comune, diffuso soprattutto tra i meno esperti. Forte proprio della sua informalità e flessibilità, e della voglia di novità del suo popolo, diventa uno strumento proprio per attirare le persone e far loro conoscere qualcosa. Così una pescheria può far conoscere il suo ottimo e freschissimo pesce a prezzi contenuti, con un valore aggiunto. Da Claudio possiamo degustare una porzione del nostro pesce preferito sapientemente preparato, o assaggiare tutti quei pesci strani che non abbiamo il coraggio di acquistare, e ricevere in omaggio una flute di ottimo vino bianco. Tutto assieme ai nostri amici, in piedi, appoggiati ai banchi sui quali durante il giorno viene esposto il pesce in vendita. Non è più importante il luogo, ne l’acquisto della bevanda piuttosto che del cibo; l’importante è averli entrambi, e “provare” qualcosa, su cui commentare assieme agli altri ovviamente.