2006-Negombo, Giardino d'acque

2006-Negombo, Giardino d'acque

Gardenia 265 maggio 2006

Giorgina Poglio

Sull’isola d’Ischia, un parco idrotermale dove curare il corpo e lo spirito. Tra mare e rocce, tra palme e pini, ritrovando la fisicità perduta

Isola d'Ischia, epicentro mediterraneo di stupefacenti contraddizioni. Qui i monti si tuffano in mare, le sorgenti di acqua fresca sgorgano accanto a quelle (un centinaio) di acqua calda termale, i castagni spontanei si trovano a convivere con i fichi d'India e le euforbie delle Canarie in una associazione vegetale del tutto atipica. Le vigne estreme coltivate sui dirupi del monte Epomeo fanno a gara di equilibrismo con gli alberghi costruiti negli ultimi decenni sui costoni rocciosi di tutta l'isola e l'abbacinante chiarore del sole sulle case imbiancate a calce contrasta con il quasi nero delle rocce vulcaniche. Poi, lasciata la strada che unisce Lacco Ameno a Forio, si scende a destra verso la baia di San Montano per andare incontro alle contraddizioni pacificate tra natura e cultura di un'oasi di serenità e benessere che si chiama Negombo.

Il nome sa di esotico: ricorda un qualche suono africano, e invece è quello di una baia dell'isola di Ceylon riproposto in terra italiana dal duca Luigi Silvestro Camerini quando, nel 1946, acquistò questo luogo per farne un buen retiro per sé e per la propria famiglia. Più ancora, per creare un orto botanico destinato alle piante di tutto il mondo in grado di riproporre le atmosfere tropicali che gli erano care. Camerini, padovano di Piazzola sul Brenta, era orientalista e viaggiatore; quando giunse a Ischia conosceva già la vicina isola di Capri e, a causa del confino politico come antifascista, anche l'isola di Ponza. Per acquistare la baia tra il monte Vico e il promontorio di Zaro con i suoi 250 metri di spiaggia affacciata su un braccio di mare che mette in contatto il mondo a parte ischitano con le coste campane, dovette accorpare quasi 50 proprietà diverse e poi compicre imponenti lavori di preparazione. Fece bonificare le zone paludose prossime alla spiaggia, terrazzare la base del monte Vico con pietra locale posata a secco e costruire un impianto di irrigazione alimentato da vasche di raccolta dell'acqua; poi finalmente si dedicò, con meticolosa competenza di botanico, alla ricerca delle piante da mettere a dimora. Foto istantanee in bianco e nero della fine degli anni Quaranta, conservate nell'archivio del Negombo, dichiarano che farle giungere sull'isola da Napoli fu una vera e propria epopea; in alcune si vedono minuscole barche in navigazione, ognuna con uomini in piedi che reggono verticale il fusto, alto 5 0 6 metri, di un giovane albero dalla chioma avvolta in tela di iuta. Altre sono foto di gruppo dei lavoranti ap• pena sbarcati sulla spiaggia con il prezioso carico e di giardinieri all'opera, appesi in cima a una lunga scala, per liberare dalla iuta 1a chioma delle palme ormai posate a dimora.

Le fotografie più interessanti ai fini dell'evoluzione del paesaggio rappresentano scorci della sparuta garriga spontanea emergente dalla sabbia e dalla roccia, con il progredire dei lavori via via inverdita da chiome svettanti di palme, cycas, Encephalartos, Ficus elastica e F. magnolioides. Il gusto per l'acclimatazione della vegetazione esotica non impedì però a Camerini di fare largo uso di arbusti e alberi mediterranei (cisti, carrubi, mirti, ulivi, ginestre, sughere querce).

Alla fine degli anni Cinquanta il sogno di un Eden privato dal sapore tropicale aveva preso forma ed era ormai disponibile per la famiglia del duca. In quel periodo Ischia veniva scoperta dal turismo colto europeo, da grandi viaggiatori, intellettuali e artisti. A un soffio di distanza, nel 1956 il compositore inglese sir William Walton e sua moglie Susana chiamavano Russel Page a disegnare il giardino della loro nuova casa, La Mortella, e ospitavano il grande attore Laurence Olivier; ancora più vicino al Negombo, sul promontorio di Zaro, soggiornava nella sua villa il regista Luchino Visconti. Rifugio per un'élite, Ischia tuttavia si avvicinava come ogni altro luogo d'Italia pregevole e ancora intatto alla stagione del boom economico e all'avvento del turismo di massa. Sono stati probabilmente i contrasti con chi mirava a cementificare l'isola ad allontanare progressivamente Camerini da quel luogo, che pure amava moltissimo. Certo è che il giardino del Negombo per tutti gli anni Sessanta fu abbandonato a se stesso, mentre intorno premevano gli interessi di chi vedeva nella costruzione di nuove strade e nuovi alberghi lo sviluppo di attività lucrose,

Proprio per salvare gli 11 ettari della proprietà dal degrado e dare un segnale forte alla speculazione edilizia, nel 1971 la moglie del duca, Adria Scaglia Camerini, decise di ristrutturare l'area prossima al mare e di cambiarne la destinazione, aprendola al pubblico dopo la realizzazione di una piscina olimpionica, di un punto di ristoro e di un accesso alla spiaggia. Con i fatti la duchessa provò che si può dare impulso al turismo e all'economia nel rispetto dell'ambiente e del genius loci: il Negombo divenne una realtà remunerativa pur mantenendo il suo aspetto selvaggio, appena mitigato dai nuovi manufatti e dall'intervento sapiente di un umanista che vent'anni prima aveva voluto terrazzamenti, palme e carrubi sui fianchi aspri del monte Vico.

Non è difficile conservare lo spirito iniziale di un'opera se dietro ci sono motivazioni forti trasmesse attraverso le generazioni. Così, quando il figlio Paolo Fulceri fu chiamato a dirigere la proprietà, trovò naturale proseguire sulla strada intrapresa dai genitori. Il dato nuovo fu la scoperta sul territorio di una moltitudine di sorgenti termali come aveva previsto a suo tempo Luigi Camerini, ma, per essere sfruttate secondo la logica di famiglia, richiedevano un intervento sapiente e non invasivo.

Nel 1988 questo signore elegante e di belle maniere trova la soluzione conoscendo il paesaggista Ermanno Casasco. Fulceri Camerini afferma di essere stato molto fortunato, perché l'incontro sfocia in una ventata di energie propositive e di idee progettuali vincenti grazie all'apporto di competenze tecniche, botaniche, giardinieristiche, ambientali e artistiche innovative rispetto agli standard correnti. Nel piano dei lavori, Casasco bada in egual misura a riportare alla luce il disegno iniziale dei terrazzamenti e dei dislivelli, a cancellare le giustapposizioni successive attorno alla spiaggia e a integrare la vegetazione esistente, potata e diradata dove necessario per creare cannocchiali visivi, con åltre specie esotiche e dei climi mediterranei di tutto il mondo. Vuole creare un percorso che unisca al piacere del soggiorno marino e all'interesse delle passeggiate nel verde i benefici delle cure termali. Nel risultato si coglie non solo un forte senso della natura, valorizzata per i suoi doni geologici (le acque termali, le grotte, le rocce), le sue espressioni di biodiversità (le piante), estetiche (i paesaggi) e sensoriali (le fioriture, gli aromi), ma anche una precisa attenzione al benessere dell'uomo nella sua interezza di corpo e spirito.

Casasco sembra voler dedicare questo parco all'umanità contemporanea che ha urgenza di rilassarsi e di ritrovarsi, ma anche di trovare uno stimolo per imparare a fruire l'ambiente e per alimentare il gusto per la bellezza e per l'arte. Progetta vasche e getti d'acqua che sono sculture, come l'idromassaggio del "Templare": nove colonne a parallelepipedo in lucente acciaio che sputano acqua in pressione a diverse altezze per massaggiare il collo e la schiena, dolmen di oggi che si inseriscono, senza prevaricarla, in una giungla selvaggia di fichi d'India, lentischi, cipressi, olivi, agavi e santoline. Poi, assecondato da Fulceri Camerini, Casasco offre spazio agli artisti, perché lascino nella natura il loro segno di cultura e lo porgano ai visitatori. Un grande "Arco in cielo" di Arnaldo Pomodoro funge da ingresso alle terme, lungo le pendici del monte, opere di Lucio del Pezzo, Laura Panno e Giuseppe Maraniello si rivelano a sorpresa lungo il percorso, sono da scoprire camminando lungo vialetti ombrosi, scalinate rustiche e vasche d'acqua.

A riprova che un paesaggista in sintonia con il luogo dell'intervento è un poderoso volano, in meno di vent'anni il Negombo è diventato uno dei giardini mediterranei più ricchi e articolati, e le terme che ospita si fanno ricordare come uniche. Perché ognuno si può muovere all'interno dei 3 ettari di parco idrotermale secondo i propri ritmi, decidere in quali acque curative immergersi e in quali piscine nuotare, da quali panchine ammirare le scene fiorite e il paesaggio sul mare. L'invincibile vocazione del luogo alla naturalità è sottolineata anche da strutture di completamento mimetizzate nella vegetazione alle spalle della spiaggia: un centro salute e bellezza, un bagno turco, un ristorante, un piccolo hotel, un teatro-arena per eventi musicali e teatrali. Ancora oggi, a distanza di quasi vent'anni da quando l'ha pensata, Ermanno Casasco si occupa di questa opera, con un entusiasmo contagioso e uno stupore infantile, racconta a una a una le "sue" piante: alberi preziosi e rari  in Italia come Bauhinia e Brchychiton, ma anche il fuoco dei Callistemon in fioritura e la poesia di semplici mesembriantemi rosa che formano cascate lungo il tronco di una palma.