Sprigionamenti di Gianfranco Pardi al Parco Negombo
di Eleonora Fiorani
Sprigionamenti di Gianfranco Pardi, artista concettuale che ha attraversato la lunga stagione dello strutturalismo e del minimalismo, é un’opera del 2011, dell’ultimo periodo di vita dell’artista e si iscrive nella sua rilettura delle avanguardie storiche come l'Astrattismo, il Suprematismo, il Costruttivismo e il Neoplasticismo, nel suo porre al centro nelle opere di pittura come di scultura la costruzione dello spazio.
Riducendo al massimo l’impatto formale e cromatico delle sue strutture costruttive attraverso elementi geometrici e primari e utilizzando ridotte cromie ha aperto a un nuovo linguaggio estetico. Le sue opere tridimensionali sono infatti costruite tenendo fermo le nozioni di spazio, geometria e rigore, dove pieni e vuoti, luci e ombre costruiscono lo spazio delle opere che si avvalgono di materiali di derivazione industriale come barre e trafilati di metalli che si articolano su elementi semplici e su scansioni e ritmi.
Al fragore della città e alla proliferazione dei segni e al rumoroso cromatico oppone con la sua opera il silenzio della riflessione, il rigore del progetto e parametri costruttivi che hanno nell’essenzialità la loro verità e ragione. Il suo è un essenzialismo attento al ritmo interiore, che cerca la poesia dei materiali e delle forme e si interroga sull’abitare. Vuole e cerca, come lui dice di se stesso, “una scultura come una danza”. Le sue installazioni infrangono non solo la staticità e la pesantezza in opere filiformi e aeree, ma la rigidità nella flessibilità delle forme. Cosicché le sue sculture parlano non solo all’occhio e alla mente ma al cuore.
In “Sprigionamenti” le linee spezzate all’interno del cubo di ferro dipinto di giallo mettono in moto la scultura, la tolgono dalla sua immobilità e ne espandono la misura rivelando una sua inaspettata complessità e aprendo a nuovi percorsi e a nuovi sguardi, ai giochi di luce e di ombre.
Nel ferro Pardi cerca, infatti, la leggerezza, l’equilibrio e il movimento, come se fosse una creatura vivente: la forma porta allo scoperto e all’espressione la vita o l’energia dormiente nei recessi della materia. Cerca nella materia il movimento che si comunica a tutta la scultura, o meglio scaturisce dal suo interno profondo in una vibrazione che investe e si comunica allo spazio. In questa vibrazione c’è la presenza e il linguaggio dell’opera, che costruisce il luogo e lo significa in un movimento interno continuo (come nella poesia) cosicché l’opera sculturale appare un risultato insieme mobile e fermo di “varianti”.
Per questo occorre girare attorno all’opera, guardarla dall’alto e dal basso, avvitandoci noi stessi nel suo spazio e sognare con l’artista il sogno della materia e della forma. L’arte è, infatti, lingua che parla con l’opera e nell’opera. E’ figura che appartiene al visibile e al tangibile, perché come diceva Bernardin de Saint-Pierre “Non vedremmo la luce del sole se non si posasse sui corpi o almeno sulle nuvole”. Non potremmo coglierla se non si fissasse su eventi sensibili, se non fosse abitata dai corpi che con essa abitano il mondo. E però è anche andare di là di ciò che si vede. E’ apertura, differenza, continua sperimentazione, che dà corpo all’unità di sentito e senziente.