1994.Un pò di Ceylon, un pò di Ischia
Di Antonio Perrazzi
Da Brava Casa Settembre 1994
Storia di un giardino creato negli anni 50 da un viaggiatore appassionato di botanica, il duca Luigi Silvestro Camerini.
Lo battezzò Negombo, come la baia cingalese. Restaurato, completato, curato, ora questo spazio verde tanto insolito acquista una nuova magia: la gente non solo lo può ammirare ma anche usare.
Alle terme di Caracalla i romani giocavano a palla..., dice una canzoncina degli anni Cinquanta. e alle terme di Negombo che si fa? Ci si gode il parco, ci si godono i colori, i profumi, un ordine fiorito che mette la pace nell'anima mentre, immersi nell' acqua, ci si cura l'artrite, i reumatismi, i postumi di una frattura o si assapora il semplice relax regalato da questo mix di mare, terme, giardino.
Negombo, isola d'Ischia, baia di San Montano, parco idrotermale fornito di piscine che utilizzano le acque calde (da 32 a 40° C) affioranti dalle viscere vulcaniche di questa terra. Nulla di nuovo per la nostra storia. Thermai, sorgenti calde, dicevano i greci. Thermae, dicevano i romani che nei frigidarium, tepidarium, caldarium e sudatorium svolgevano due attività: pulizia e vita sociale.
Però a Treviri, a Leptis Magna, a Mileto, a Efeso, i romani decoravano le terme con mosaici, sculture, incrostazioni marmoree. Negombo ha invece cycas, palme dattilifere, bergamotti, mandarini, lecci: è un giardino per la salute.
http://michelangelolupo.it/project/leptis-magna-le-terme-dei-cacciatori/La storia di questo giardino non parte da troppo lontano. Nel 1946, il duca Luigi Silvestro Camerini, letterato, orientalista, viaggiatore e botanico, approdò a Ischia. Ne rimase incantato.
Bisogna averla vista Ischia negli anni Cinquanta: bianca e azzurra, squarciata dal viola delle bouganvillee, profumata e con quelle acque fumanti che sgorgavano dalle rocce di Forio. Il vecchio editore Angelo Rizzoli si era innamorato di Lacco Ameno, vi creò un (ormai mitico) albergo, il «Regina Isabella»; dai balconi si affacciava, in vestaglia candida, la Callas. Si diceva che avesse ingoiato una tenia per dimagrire e per mangiarsi senza rimorsi certi piatti di spaghetti coi pomodorini di Ischia.
Il duca Camerini scelse la baia di San Montano perché gli ricordava quella di Negombo, nell'isola di Ceylon. E quel nome dette a tutta la proprietà. Ma ci volle un po' di Ischia e un po' di Ceylon, un po' di flora mediterranea e un po'...
Facciamolo raccontare da Casasco, il paesaggista Ermanno Casasco che, quasi quarant'anni dopo, avrebbe rimesso le mani e la testa in tutto quel lavoro. Casasco: « A valle insediò una flora inquietante per l'epoca: sterlizie augustee, cycas, zamie, Phoenix; invece lasciò il promontorio di Zaro così com'era e, nella zona al riparo del salmastro, avviò un frutteto...». Sperimentazione botanica, hobby, divertimento, voglia di spendere, che conobbero un alt quando Ischia si fece più affollata, più costosa. Negombo si inselvatichì. Ma è poco sopportabile vedere disordine e caos dove un tempo vi fu ordine e precisione.
La duchessa Adria Scalia Camerini decise, negli anni Settanta, di dare al parco un indirizzo pubblico, di riconvertire il tutto in frigidarium, tepidarium, caldarium e sudatorium, insomma in luogo termale. Nel 1988 il conte Paolo Fulceri Camerini, figlio del duca, chiamò Ermanno Casasco per sistemare, progettare di nuovo il parco.
Due parole su Ermanno Casasco. Di sé fa una descrizione sottile: «Più che architetto e paesaggista in certi casi mi sento paesaggista e "contadino"». Lo dice perché il paesaggista deve saper capire anche il segno lasciato dagli uomini che avevano lavorato il luogo.
A Negombo, Casasco ritrovò i terrazzamenti, i muri a secco, la fitta trama dei paesaggi. Ripensò, ricreò: «La vasca in cemento ricorda i vasconi da raccolta dell' acqua piovana; la lastra in ardesia, i salti d'acqua, la canalina le tecniche umili dell' irrigazione».
Inciso importante: riprendendo le tecniche agricole di un tempo, evitò il dispendio dell' acqua dolce con un circuito di ricircolo attivato da un sistema di pompe.
Ed eccoci alle piante: recuperò quelle del «colloquio mediterraneo dell' uomo, con la natura». Ma, come aveva fatto l'antico proprietario, volle ritrovare anche «un colloquio con il mondo nuovo». Conseguente ricerca di piante esotiche, degne di quell'esotico nome Negombo. E poi papaveri, escolzie, campanule striscianti, mesembriantemi ricadenti. Risultato: vasche immerse nel colore, nella luce e “genius loci” rispettato.